Secondo il Vecchio Testamento, il nostro dolore e le nostre pene risalgono all’atto di ribellione dell’angelo Lucifero (Portatore di luce).
Per la sua superbia, Lucifero viene precipitato dal Paradiso e declassato a mortale imperfetto. Da quel momento, la nostra coscienza è legata alla dualità, alla separazione tra bene e male, una divisione che permea ogni aspetto della nostra esistenza, contrapponendo costantemente due facce della stessa medaglia.
Questa visione dualistica si riflette nella contrapposizione tra salute e malattia. Sebbene nessun essere vivente desideri soffrire, il tema centrale è superare questa polarità per abbracciare una nuova visione della vita.
Il disagio dell’essere umano nelle “società dei desideri” è evidente. Queste società, sempre più aggressive e violente, si allontanano dai bisogni naturali dell’anima, dimenticando i principi fondamentali dell’Humanitas. Il crollo dei valori ha portato a un decadimento psicologico e morale, manifestando una povertà etica tangibile. I desideri smodati conducono l’uomo e la società verso un deterioramento e infine alla rovina.
Nonostante ci consideriamo esseri evoluti, siamo in realtà pieni di paure, in un mondo che non ci comprende. L’uomo moderno vive un sogno di onnipotenza, dominato dal profitto e dallo sfruttamento delle risorse della Terra e degli esseri senzienti. Esorcizza la caducità e la paura attraverso il potere, ma questa tensione porta all’autodistruzione mentale.
Riconoscere la fragilità umana significa accettarne i limiti e affrontare le difficoltà della vita, inclusa la paura della morte. L’esasperazione dell’Io ha portato a una società individualista, dimenticando che siamo parte di un sistema più vasto. Dobbiamo superare le divisioni e le tensioni, impegnandoci per cambiare il nostro punto di vista. Serve una visione integrata degli aspetti apparentemente opposti della vita. È necessario modificare il paradigma mentale riguardo al significato più profondo della vita.
Come suggerisce Gibran ne “Il Profeta”, non dobbiamo dire di aver trovato la verità, ma piuttosto una verità. Questo è il passo da affrontare per una visione che unisce e non divide.
Riguardo alla guarigione, la malattia deve essere vista come un’espressione dell’anima incarnata che anela all’unità. Non è un peccato da espiare, ma una cura dell’interiorità. Nell’imperfezione della caducità, la malattia è anche purificazione. Non va combattuta, ma trasmutata, rivelando il nostro punto debole e permettendoci di fare pace con esso, salendo di livello coscienziale e guarendo nel profondo. Questo ingresso in un nuovo piano di coscienza è il momento in cui la concentrazione iniziale si trasforma in dilatazione di coscienza.
La malattia può renderci sani se riusciamo a integrarla, comprenderla e TRASFORMARLA. Espandere la coscienza e integrare ciò che manca è fondamentale per la guarigione. Bisogna intervenire su più piani, riconoscendo il potere della mente sul corpo e applicando metodiche di pensiero positivo. Le cause delle miserie umane risiedono nei disturbi mentali e nella cecità spirituale di fronte al significato divino della vita.
Si devono usare pratiche che aiutano a ripristinare l’equilibrio energetico perduto, affidandosi alla natura e al suo potere guaritore: erbe officinali, integratori, massaggi, riflessologia, fiori di Bach e immersioni nella natura per veicolare la coscienza verso piani superiori.
La malattia riguarda un aspetto metafisico, con una guarigione che deve avvenire nel profondo. Come scriveva Van Gogh a suo fratello Theo, “Noi siamo pellegrini, la nostra unità è un lungo cammino, un viaggio dalla terra al cielo.” Dobbiamo essere consapevoli che siamo viaggiatori in cammino e che il corpo è solo un mezzo espressivo per espandere la nostra coscienza. Lavorare con e nel corpo per arrivare all’anima, superare l’aspetto grossolano dell’energia e salire lungo i piani sottili dell’essere, per maturare una coscienza che rispetti la vita in tutte le sue forme.
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Maria Sara D’Agostini
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